×

25 Novembre 2024 – Giornata Internazionale per la eliminazione della violenza contro le donne

Di Avvocato Dott.ssa Margherita Morelli 1

Beitrag als PDF-Version

Abstract
Anlässlich des „Internationalen Tages zur Beseitigung von Gewalt gegen Frauen“ sensibilisiert der Artikel für das weltweite Problem der geschlechtsspezifischen Gewalt, insbesondere gegen Frauen. Die internationalen und europäischen Vorschriften zum Schutz gegen körperliche, sexuelle und psychische Gewalt werden dargestellt. Dabei wird auch auf die Auswirkungen besonderer Formen von Gewalt wie ökonomischer Zwang und Rache-Pornos hingewiesen. Ausgehend von Tötungsdelikten gegen Frauen in Italien und der Rechtsprechung des Europäischen Gerichtshofs für Menschenrechte werden schwerpunktmäßig die rechtlichen und präventiven Maßnahmen sowie Hilfen für Gewaltopfer in Italien detailliert erläutert.

On the occasion of the „International Day for the Elimination of Violence against Women“, the article raises awareness of the global problem of gender-based violence, particularly against women. The international and European regulations for protection against physical, sexual and psychological violence are presented. The effects of particular forms of violence such as economic coercion and revenge pornography are also pointed out. Based on homicides of women in Italy and the case law of the European Court of Human Rights, the legal and preventive measures as well as assistance for victims of violence in Italy are explained in detail.

Il 25 novembre si celebra nel mondo International Day for the Elimination of Violence against Women – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. E’ una ricorrenza istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. I governi e tutte le organizzazioni internazionali sono sollecitati a praticare attività per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema di grande impatto sociale. Secondo il Ministero dell’Interno, „è ‚violenza contro le donne‘ ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà”. Così recita l’art 1 della dichiarazione ONU sull’eliminazione della violenza contro le donne. Infatti, il 20.12.1993 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adotta la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, con risoluzione 48/104.

È importante sottolineare preliminarmente, che il femminicidio è un problema sociale che presenta aspetti complessi e pertanto, per una corretta e completa analisi del fenomeno si richiede un approccio di più competenze. Sussiste inoltre, la necessità non solo di adottare misure legislative adeguate a prevenire e contrastare i crimini contro le donne ma vieppiù, di promuovere una cultura di uguaglianza di genere e di sensibilizzare l’opinione pubblica anche stimolando, soprattutto nei giovani, forme di empatia nei confronti delle donne come potenziali vittime, attraverso l’ascolto attivo, la comunicazione verbale e l’esempio considerato che il fenomeno che sta divenendo una vera piaga sociale. Necessario è anche garantire una formazione sempre più adeguata degli operatori (forze dell’ordine e sanitari) per riconoscere e affrontare la violenza di genere in modo efficace.

Un importante lavoro è stato svolto dalla giurisprudenza italiana ed europea che ha mantenuto un ruolo fondamentale nella definizione di nuovi criteri e nell’interpretazione delle leggi riguardanti la violenza contro le donne. Le sentenze delle corti italiane e delle istituzioni europee hanno contribuito a chiarire e applicare i principi di uguaglianza di genere, diritti umani e protezione delle vittime di violenza di genere. I mezzi di comunicazione e la cultura di massa, compresa arte e cinematografia, hanno svolto e possono svolgere un ruolo importante come strumento di sensibilizzazione attraverso una rappresentazione responsabile, incoraggiando la discussione, promuovendo la consapevolezza e sfidando gli stereotipi di genere.

È stata scelta la data del 25 novembre per la Giornata contro la violenza sulle donne per commemorare la vicenda di 3 eroine: Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, anche soprannominate „mariposas”, ovvero farfalle, tre sorelle coraggiose che hanno combattuto per la libertà del loro paese. Durante gli anni ‘40 e ‘50, la Repubblica Dominicana era governata dal dittatore Rafael Trujillo. Le sorelle Mirabal vollero impegnarsi nell’attivismo politico denunciando gli orrori e i crimini della dittatura. Il 25 novembre 1960 le tre sorelle „mariposas” vennero torturate e uccise dai sicari di Trujillo e i loro corpi gettati in un dirupo per simulare un incidente. L’indignazione per la loro morte, che nessuno credette accidentale, sollevò un moto di orrore sia in patria che all’estero, ponendo l’attenzione internazionale sul regime dominicano e sulla cultura machista che non tollerava di riconoscere alle donne l’occupazione di uno spazio pubblico e politico. Pochi mesi dopo il loro assassinio, Trujillo fu ucciso e il suo regime cadde. L’unica sorella sopravvissuta, perché non impegnata attivamente, Belgica Adele, ha dedicato la sua vita alla cura dei sei nipoti orfani e a mantenere viva la memoria delle sorelle. È in ricordo di Patria, Maria Teresa e Minerva che ogni 25 novembre si inaugura un periodo di 16 giorni dedicato all’attivismo contro la violenza di genere, che si conclude il 10 dicembre con la giornata internazionale dei diritti umani.

La violenza di genere è una delle più gravi forme di violazione dei diritti umani sicchè anche la tutela della donna si inquadra, in primis, nell’ambito della tutela dei diritti umani. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10.12.1948. E’ composta da un preambolo e da 30 articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona.

Articolo 1: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Tra i diritti fondamentali dell’essere umano si possono ricordare: il diritto alla vita, il diritto alla libertà individuale, il diritto all’autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto a un’esistenza dignitosa, il diritto alla salute, il diritto alla libertà religiosa.

La violenza contro le donne resta un grave problema sia in Italia che nel mondo e i casi di feminicidio ossia di omicidio di una donna in quanto tale sono in costante aumento. Le donne sono spesso vittime di violenza fisica, sessuale e psicologica, che può avere conseguenze devastanti per la loro vita e il loro benessere psicofisico con segni che restano spesso indelebili. A oggi, nonostante le numerose leggi a tutela della vittima, il quadro statistico resta allarmante. In genere, si parla di omicidi in ambito domestico in quanto la maggior parte degli episodi omicidiari che riguardano le donne si verificano in tale contesto. Il paese in cui la violenza sulle donna è più diffusa è la Lettonia. A oggi, in Italia le donne sono state vittime del 91 % degli omicidi commessi da familiare, partner o ex partner. Si contano dal gennaio 2024, a oggi, circa 96 femminicidi (dati Ministero dell’Interno) con un innalzamento anche dell’età delle vittime. Infatti, circa una vittima su cinque nel 2024, è over 70. Sono donne uccise tutte dai mariti dopo matrimoni durati anche 40 o 50 anni.

Per citare alcuni di cronaca:

  • Serenella Mugnai, 72 anni, malata di Alzheimer, uccisa dal marito Alessandro Sacchi, ormai ottantenne.
  • Elisa Scavone, 65 anni, uccisa da suo marito settantenne, Luciano Sofia, a Borgo Filadelfia, a Torino, l’11 gennaio.
  • Rosetta Romano, 73 anni che ha assistito fino alla fine un marito autoritario che a 81 anni, il 30 giugno, l’ha strangolata e soffocata.
  • Rosa D’Ascenzo, 71 anni, morta all’inizio di gennaio per un violento colpo di padella di ferro alla tempia e massacrata anche con calci e pugni da suo marito Giulio Camilli, 73 anni, nel casolare di Sant’Oreste, in provincia di Roma.
  • Lucia Felici, 75 anni uccisa da suo marito Carmine Alfano, 82 anni, a Castelnuovo di Porto, il 9 agosto.
  • Annarita Morelli, uccisa a 72 anni dal marito Domenico Ossoli, 73enne il 6 agosto, con un colpo di pistola.

Di queste vittime, 77 sono state uccise in ambito familiare o affettivo e di queste 48 hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex partner. Secondo recenti statistiche e nel corso di un decennio, si può affermare che in Italia ogni due giorni una donna viene uccisa. I casi di donne vittime di violenza alla ribalta della cronaca sono stati in costante aumento nel corso degli anni, con delitti anche di particolare efferatezza sicchè con l’intento di arginare il fenomeno l’Italia si è dotata di diversi strumenti normativi. Le leggi sono in continua evoluzione e così la giurisprudenza, per assicurare una tutela più immediata e concreta alla vittima.

1. Codice Penale (disciplina e sanziona comportamenti dannosi per la società e mantiene l’ordine pubblico)

  • L’omicidio in genere, commesso in modo volontario o preterintenzionale, è previsto dall’articolo 575 del Codice Penale italiano. L’omicidio volontario è punito con la reclusione da 21 anni all’ergastolo.
  • Maltrattamenti contro Persona di Famiglia o convivente sono puniti dall’art. 572 del Codice Penale, il quale stabilisce chiunque …, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni. I maltrattamenti possono essere fisici e psicologici. La pena è aumentata se si tratta di minore, donne in stato di gravidanza, persone con disabilità o commesso con armi.
  • L’articolo 612-bis del Codice Penale disciplina il reato di stalking, che consiste nel perseguitare in modo sistematico e reiterato una persona, causandole un serio stato di ansia o paura per la propria incolumità o per l’incolumità dei suoi familiari o conviventi.
  • La violenza sessuale è disciplinata dagli articoli 609-bis e seguenti del Codice Penale. Questi articoli definiscono e puniscono una serie di comportamenti, come lo stupro e l’aggressione sessuale.

Per questi reati le pene sono state aumentate dal Codice Rosso come si chiarirà. Alle norme di carattere generale previste dal codice penale si aggiungono alcune disposizioni speciali.

2. Legge sulle misure contro la violenza sessuale (Legge 38/2009), questa legge ha introdotto importanti modifiche al Codice Penale italiano per migliorare la protezione delle vittime di violenza sessuale. Ha ampliato la definizione di violenza sessuale, introdotto pene più severe per i reati sessuali e rafforzato i diritti delle vittime durante le fasi processuali.

3. Legge sul femminicidio (Legge 119/2013), questa legge ha istituito il reato di omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela o convivenza con la vittima di sesso femminile. Ha inoltre, introdotto pene più severe per i reati di maltrattamenti in famiglia, stalking e violenza sessuale. La legge ha anche previsto misure di prevenzione, protezione e sostegno per le vittime di violenza di genere.

4. Codice Civile (disciplina i rapporti di diritto privato e tutela i diritti dei cittadini). Tra gli strumenti previsti si annoverano, in particolare Ordini di Protezione. Gli ordini di protezione sono strumenti legali che offrono alle donne vittime di violenza la possibilità di richiedere la protezione immediata dalle autorità competenti. Le disposizioni in materia di ordini di protezione sono stabilite nell’art. 342-bis del Codice civile il quale statuisce: quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all‚integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice (qualora il fatto non costituisca reato perseguibile d’ufficio) su istanza di parte può adottare uno o più dei provvedimenti previsti dall’articolo 342 ter (cessazione della condotta, allontanamento, divieto di avvicinamento, durata dell’ordine non superiore a sei mesi ma prorogabile e altre disposizioni a garanzia della vittima).

5. Codice Rosso (Legge 69/2019) in vigore in Italia dal 22 giugno 2019. Definito anche „scudo antiviolenza“. Stabilisce forme di tutela delle vittime di violenza domestica, accellerando i tempi di protezione della vittima e dei procedimenti. Più nello specifico, questa legge prende il nome dal colore del codice d’emergenza usato per segnalare i casi di violenza di genere. Il suo obiettivo principale è quello di contrastare più efficacemente, la violenza contro le donne, migliorare la protezione delle vittime e rendere più efficace l’azione delle forze dell’ordine. La legge sul Codice Rosso ha tuttavia, introdotto diverse misure significative e più specifiche per affrontare la violenza di genere. Prevede inoltre, una serie di attività a carico dei diversi organi coinvolti.

In particolare:

a. Modifiche al Codice di Procedura Penale: La legge ha introdotto modifiche al Codice di Procedura Penale italiano per consentire un intervento tempestivo e coordinato delle forze dell’ordine e del sistema di giustizia penale. In particolare, sono state introdotte disposizioni che richiedono alle forze dell’ordine di informare immediatamente il pubblico ministero delle segnalazioni di violenza di genere, al fine di garantire un’azione rapida e coordinata come si chiarirà.

b. Formazione delle forze dell’ordine: La legge prevede la formazione specifica per le forze dell’ordine sulle tematiche della violenza di genere. Questo include la sensibilizzazione sulle dinamiche della violenza domestica, stalking, violenza sessuale e femminicidio, al fine di migliorare la capacità delle forze dell’ordine di identificare i segnali di pericolo e rispondere tempestivamente ed adeguatamente.

c. Misure di protezione per le vittime: La legge prevede l’attivazione di misure di protezione immediate per le vittime di violenza di genere, come l’assegnazione di un alloggio temporaneo, l’adozione di provvedimenti cautelari e l’estensione delle misure di protezione previste dalla legge 119/2013 sul femminicidio.

d. Incremento delle pene: La legge ha aumentato le pene per i reati di violenza sessuale, stalking e maltrattamenti in famiglia, al fine di limitare tali comportamenti e punirli adeguatamente. Ad esempio, sono state aumentate le pene per l’omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela o convivenza con la vittima.

e. Attività della polizia giudiziaria: La polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisce immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale. Il pubblico ministero, nelle ipotesi ove proceda per i delitti di violenza domestica o di genere, entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato. Il termine di tre giorni può essere prorogato solamente in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, pure nell’interesse della persona offesa. Gli atti d’indagine delegati dal pubblico ministero alla polizia giudiziaria devono avvenire senza ritardo.

f. Misure cautelari e di prevenzione: E’ stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l’applicazione di misure di prevenzione.

g. Nuove figure di reati
Nel codice penale la legge in questione inserisce ben 4 nuovi reati:

  • Il delitto didiffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (cd. revenge porn), punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5 mila a 15 mila euro. La pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati. La condotta può essere commessa da chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, diffonde, senza il consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti informatici.
  • Il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (commessi per esempio, con acido o altri oggetti atti a procurare lesioni), sanzionato con la reclusione da otto a 14 anni. Quando, per effetto del delitto in questione, si provoca la morte della vittima, la pena è l’ergastolo. Un caso balzato alla cronaca negli anni scorsi e quello dell’avvocata Lucia Annibali sfregiata con acido da due sicari assoldati dal fidanzato anch’egli avvocato.
  • Il reato di costrizione o induzione al matrimonio, punito con la reclusione da uno a cinque anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso a danno di minori e si procede anche quando il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia.
  • La violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa è sanzionata con la detenzione da sei mesi a tre anni.

h. Aumento delle sanzioni previste dal codice penale: Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, da un intervallo compreso tra un minimo di due e un massimo di sei anni, passa a un minimo di tre e un massimo di sette. Lo stalking passa da un minimo di sei mesi e un massimo di cinque anni a un minimo di un anno e un massimo di sei anni e sei mesi. La violenza sessuale passa da sei a dodici anni, mentre prima andava da un minimo di cinque a un massimo di dieci anni. La violenza sessuale di gruppo passa a un minimo di otto e un massimo di 14 mentre prima era punita col minimo di sei e il massimo di 12.

In Italia, esistono diversi servizi e supporti forniti alle donne vittime di violenza per aiutarle a uscire da situazioni di pericolo e fornire loro protezione e assistenza.

Servizio di Assistenza alle donne vittime di violenza

a. Linee guida nazionali per le Aziende Sanitarie e le Aziende Ospedaliere: Sono definite „Percorso per le donne che subiscono violenza” (D.P.C.M., 24/01/2018). Si prevede una tempestiva e adeguata presa in carico delle donne vittime di violenza al pronto soccorso, a partire dal triage e fino al loro accompagnamento/orientamento, se consenzienti, ai servizi pubblici e privati dedicati, presenti sul territorio di riferimento al fine di elaborare, con le stesse, un progetto personalizzato di sostegno e di ascolto per la fuoriuscita dalla esperienza di violenza subita. La vittima viene accolta in codice giallo se non rosso per i casi più gravi.

b. Alcuni dei principali tipi di supporto offerti sono, inoltre:

  • Centri Antiviolenza: Sono strutture specializzate che offrono supporto psicologico, legale ed economico alle donne vittime di violenza. I centri antiviolenza forniscono consulenza, sostegno emotivo, informazioni sui diritti delle vittime e aiuto nella pianificazione di un percorso di uscita dalla violenza.
  • Le case rifugio sono luoghi sicuri e protetti in cui le donne vittime di violenza e i loro figli possono trovare temporaneamente alloggio. Queste strutture offrono un ambiente protetto, sostegno psicologico, assistenza legale e aiuto nella ricerca di soluzioni abitative a lungo termine.
  • Numeri di emergenza: In Italia, esistono numeri di emergenza, come il 1522, che offrono assistenza e consulenza telefonica 24 ore su 24 alle donne vittime di violenza. Questi numeri forniscono informazioni, sostegno emotivo e indicazioni su come ottenere aiuto immediato. Esistono poi diversi altri numeri di assistenza curati da associazioni che possono essere ricercati in internet con l’ausilio di un valido motore di ricerca come Google.
  • Servizi di assistenza legale: Le donne vittime di violenza possono accedere a servizi di assistenza legale gratuiti attraverso lo strumento del gratuito patrocinio messo a disposizione dal legislatore italiano. Gli avvocati specializzati in violenza di genere possono fornire consulenza legale, assistenza nella presentazione di denunce e rappresentanza legale durante le procedure giudiziarie.
  • Programmi di reinserimento sociale ed economico: Per aiutare le donne a ricostruire la propria vita dopo l’esperienza di violenza, esistono programmi di reinserimento sociale ed economico. Questi programmi includono servizi di formazione professionale, supporto nella ricerca di un’occupazione e aiuti economici per garantire una stabilità finanziaria.

È importante sottolineare che il supporto alle donne vittime di violenza è un impegno che coinvolge diversi attori, tra cui istituzioni governative, organizzazioni non governative e servizi sociali. L’obiettivo è quello di fornire un approccio integrato che comprenda assistenza psicologica, protezione fisica, sostegno legale e programmi di reinserimento per aiutare le donne a ricostruire una vita libera dalla violenza.

Anche l’Unione Europea ha rivolto la propria attenzione alle donne vittime di violenza predisponendo una serie di strumenti normativi per la tutela contro le violenza di genere e a tutela delle donne, a cui i paesi Membri sono tenuti ad adeguarsi. In particolare, si richiamano:

1. Direttiva 2011/99/UE: Disciplina l’Ordine di Protezione Europeo per garantire che le misure adottate a protezione, di un soggetto siano mantenute in tutti gli Stati Membri anche in caso di trasferimento. Si occupa della protezione delle vittime di reati, tra cui la violenza di genere. Essa stabilisce standard minimi per i diritti, il supporto e la protezione delle vittime, e prevede misure per la prevenzione e la lotta contro la violenza domestica.

2. Direttiva 2012/29/UE, nota come „Direttiva sulle vittime”, stabilisce norme minime per i diritti, il supporto e la protezione delle vittime di reati, comprese le vittime di violenza di genere. La direttiva prevede misure per garantire l’accesso a servizi di supporto, informazione e consulenza per le vittime di violenza di genere.

3. Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne. Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979, entrata in vigore internazionale il 3 settembre 1981. – Stati Parti, al 1° maggio 2024: 189.

4. La Convenzione di Istanbul: Questa convenzione del Consiglio d’Europa contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, è stata approvata a Istanbul l’11.5.2011. E’ uno strumento chiave nella lotta contro la violenza di genere e in particolare contro la violenza domestica. Essa fornisce una definizione ampia di violenza di genere e stabilisce obblighi per gli Stati membri, compresi quelli relativi alla prevenzione, protezione delle vittime, al perseguimento del trasgressore e alla cooperazione internazionale in materia di violenza di genere. Il termine „femminicidio” viene utilizzato per descrivere l’omicidio di donne a causa del loro genere. Questo concetto mette in evidenza la natura specifica della violenza che colpisce le donne, evidenziando il contesto di discriminazione e disuguaglianza di genere in cui avviene. La Convenzione di Istanbul è „il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza“. Essa caratterizza la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione (art. 3 lett. a). I paesi dovrebbero esercitare la dovuta diligenza nel prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i colpevoli (art. 5).

La Convenzione è anche il primo trattato internazionale a contenere una definizione di genere. Infatti, nell’art. 3, lett. c), il genere (in generale, come significato sociale assunto dalle differenze sessuali), è definito come „ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini“. Lo scopo di questo termine non è di sostituire la definizione biologica di „sesso”, né i termini „donne” e „uomini” ma sottolineare che le disuguaglianze, gli stereotipi e di conseguenza la violenza non derivano da differenze biologiche quanto piuttosto da una costruzione sociale, in particolare da atteggiamenti e percezioni dei ruoli che le donne e gli uomini hanno e dovrebbero avere nella società.

Inoltre, la Convenzione stabilisce una serie di delitti caratterizzati da violenza contro le donne. Gli Stati dovrebbero includere questi nei loro codici penali o in altre forme di legislazione o dovrebbero essere inseriti qualora non già esistenti, nei loro ordinamenti giuridici. I reati previsti dalla Convenzione sono: la violenza psicologica (art. 33); gli atti persecutori – stalking (art. 34); la violenza fisica (art. 35), la violenza sessuale, compreso lo stupro (art. 36); il matrimonio forzato (art. 37); le mutilazioni genitali femminili (art. 38), l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata (art. 39); le molestie sessuali (art. 40). La Convenzione prevede anche un articolo che prende di mira i crimini commessi in nome del cosiddetto „onore“ (art. 42). Sovviene il caso balzato alle cronache nel 2021, della giovanissima Saman Abbas di origini Pakistane uccisa dai parenti perché non aveva voluto andare sposa a un suo cugino molto più grande di lei.

Gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure legislative e politiche per garantire la protezione delle donne e delle vittime di femminicidio, nonché per perseguire i responsabili e fornire sostegno alle vittime. Come stabilito dagli articoli 5 e 6, la Convenzione obbliga gli Stati a prevenire il verificarsi delle violenze, con misure che ridefiniscano i ruoli di genere tradizionali e contrastino gli stereotipi che rendono accettabile la violenza di genere. La Convenzione è stata firmata finora da 34 stati e solo ratificata da 12 paesi compresa Armenia, Ucraina, Gran Bretagna, Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria. Gli Stati che hanno ratificato la Convenzione sono giuridicamente vincolati dalle sue disposizioni.

a. Struttura: La Convenzione contiene 81 articoli divisi in 12 capitoli. La struttura dello strumento è basato sulle „quattro P“: prevenzione, protezione e sostegno delle vittime, perseguimento dei colpevoli e politiche integrate. Ogni area prevede una serie di misure specifiche.

In particolare:

  • Articolo 2 indica che le disposizioni si applicano in tempo di pace e anche in situazioni di conflitto armato, sulla violenza contro le donne e la violenza domestica.
  • Articolo 3 definisce:
    – „la violenza contro le donne“: e’ violenza dei diritti umani e una forma di discriminazione nei confronti delle donne. Si intendono tutti gli atti di violazione di genere che determinano o sono suscettibili di provocare danno fisico, sessuale, psicologico o economico o una sofferenza alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica o privata;
    – „violenza domestica”: e’ sono tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;
    – „violenza contro le donne basata sul genere“: e’ designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato.
  • Articolo 4 vieta alcuni tipi di discriminazione affermando che l’attuazione delle disposizioni della Convenzione da parte delle Parti (gli Stati che l’hanno sottoscritta), in particolare, le misure destinate a tutelare i diritti delle vittime, deve essere garantita senza alcuna discriminazione fondata sul sesso, sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, sull’origine nazionale o sociale, sull’appartenenza a una minoranza nazionale, sul censo, sulla nascita, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sull’età, sulle condizioni di salute, sulla disabilità, sullo status matrimoniale, sullo status di migrante o di rifugiato o su qualunque altra condizione.

b. Il caso: L’episodio che ha dato corso all’esigenza di una maggiore tutela delle donne anche a livello europeo, è stata la vicenda di Nahide Opuz abusata dal marito per anni. Costui picchiò e minacciò anche sua madre, che accusò di essere la causa dei loro problemi. La violenza portò tragicamente all’omicidio della madre di Nahide nel 2002. Aveva denunciato alla polizia che suo genero aveva minacciato di uccidere lei e la sua famiglia. C’erano molti segnali di avvertimento; ciò nonostante, almeno due volte, i procuratori hanno deciso di non procedere penalmente perché non c’erano prove sufficienti. In tre occasioni, Nahide e sua madre ritirarono le loro denunce a causa di pressioni e minacce di morte. Per alcuni reati, ritirare una denuncia (corrisponde alla nostra remissione di querela) significava che non si dava più corso all’azione penale. Tuttavia, il marito di Nahide fu condannato due volte prima che l’omicidio avesse luogo, a causa della gravità dei suoi reati. Nel primo incidente, speronò Nahide e sua madre con la sua auto, lasciando entrambe con gravi ferite. Venne condannato a tre mesi di prigione, che vennero trasformati in una multa dopo aver trascorso 25 giorni di carcere. Nel secondo incidente, pugnalò Nahide sette volte e venne punito solo con una multa. Nel 2008, l’uomo venne condannato all’ergastolo per l’omicidio della madre di Nahide ma rilasciato in attesa di appello. Nahide temeva per la sua vita. Il suo ex marito continuava a minacciarla di morte e lei lamentava che le autorità non stavano facendo nulla per proteggerla. Soltanto dopo che Nahide si rivolse alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo vennero adottate misure per proteggerla dall’ex marito.

La CEDU stabilì che, nonostante fossero a conoscenza del peggioramento della situazione, le autorità turche non avevano preso misure ragionevoli per impedire la violenza contro Nahide e sua madre. Anche l’indagine sull’omicidio della madre di Nahide era stata viziata. Le azioni delle autorità non avevano scoraggiato l’uomo e avevano persino mostrato una certa tolleranza nei confronti della sua condotta. Questo atteggiamento passivo creò un clima che incoraggiò la violenza domestica in Turchia. Per la prima volta in assoluto, la Corte ha stabilito che la violenza di genere è una forma di discriminazione ai sensi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: „… la violenza subita da (Nahide) e da sua madre può essere considerata violenza di genere, ovvero una forma di discriminazione contro le donne” (Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, giugno 2009).

La violenza economica in danno della donna si manifesta con il controllo finanziario per esercitare potere e dominio sulla sua vita. In questa forma di violenza, l’aggressore controlla e limita l’accesso della donna alle risorse finanziarie e all’indipendenza economica, rendendola dipendente e vulnerabile. Le modalità attraverso cui la violenza economica può manifestarsi sono molteplici. Per elencarne alcune: un partner controllante può impedire alla donna di lavorare o di studiare, limitando così le sue opportunità di guadagnare un reddito o di raggiungere la propria indipendenza economica. Inoltre, l’aggressore potrebbe negare alla donna l’accesso ai soldi o al controllo dei beni condivisi, costringendola a dipendere totalmente. La violenza economica si manifesta altresì attraverso un accumulo di debiti senza il consenso della donna o impedendole di avere un conto bancario personale o mettendo in atto il furto dei suoi beni personali. Queste azioni mirano a creare dipendenza e a controllare la vita finanziaria della donna, minando la sua sicurezza e indipendenza. Le donne possono dunque trovarsi in una situazione di povertà o di grande difficoltà economica, con scarsa capacità di prendersi cura di sé stesse e dei propri figli. La dipendenza finanziaria può renderle intrappolate in relazioni abusive e rendere difficile per loro lasciare il ciclo di violenza. È necessario quindi predisporre strumenti normativi a tutela della sfera economica della donna per assicurane indipendenza e tutela per se stessa e i figli.

La vendetta porno o porno vendetta è un fenomeno assai preoccupante e che va diffondendosi sempre di più. Consiste, come già evidenziato, nella diffusione illecita, non consensuale, attraverso i social media, di foto e video sessualmente o pornograficamente rilevanti, scattati nell’intimità di una esperienza relazionale e destinati a rimanere privati. Registrare i momenti intimi con il proprio partner può essere un gioco pericoloso. Lo dicono i dati sempre più numerosi.
La pratica, attivata primariamente da istanze di vendetta, si estrinseca solitamente da parte di un eventuale ex partner, producendo una violazione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti e di lesioni gravi, talvolta irrimediabili e sempre irrisarcibili, della propria dignità e reputazione, con inevitabili ricadute sulla vita professionale e di relazione. L’obiettivo è evidente: sottoporre la vittima a una gogna mediatica che può condurla, a fronte di una sofferenza psichica, in alcuni casi devastante e ingestibile anche al suicidio come scelta estrema. Per questo si potrebbe anche paventare l’ulteriore fattispecie del reato di istigazione al suicidio.
La condotta criminale viene per lo più messa in atto contro la donna e, pertanto, può connotarsi a pieno titolo come una violenza non fisica ma psicologica di „genere”. Il collasso psichico che può derivarne è di assoluta serietà, indotto dalla esperienza emotiva totalizzante della vergogna, di una umiliazione visibile a tutti, di una ferita personale percepita come irreparabile. Al sentimento della vergogna si associa quello della colpa,un vissuto paralizzante di autocolpevolizzazione e un’impropria assunzione su se stessa di responsabilità non proprie, ma di altri.

Col Codice Rosso, il Revenge porn, più specificamente, è diventato in Italia reato punibile con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5mila a euro 15mila. Resta però, purtroppo, ancora abbastanza nebuloso il panorama degli specifici strumenti di tutela a favore della vittima. Ciò specialmente considerando che gli autori di tale reato, in genere, celati sul web da falsate identità, restano sovente impuniti e che le procedure ufficiali di tutela delle vittime sono rese spesso inefficaci dai tempi lenti della giustizia e, di converso, dalla velocità dei tempi di trasmissione e condivisione delle immagini. Senza contare l’ampiezza dei possibili canali di diffusione tale da rendere assai complessa l’attività di contenimento della propagazione.

a. L’Attività del Garante per la Privacy: La necessità di intervenire tempestivamente avverso una delle forme più intollerabili di violenza sulle donne e più, in generale, contro la pornografia non consensuale che impattano in modo diretto sul concetto di privacy, ha convinto il Garante per la protezione dei dati personali a mettere a disposizione una procedura di segnalazione. Si tratta di una forma di tutela emergenziale a carattere preventivo. Le persone maggiorenni che temono che le loro foto o i loro video intimi possano essere diffusi senza il loro consenso su Facebook o Instagram, potranno segnalare al Garante per la Privacy tale rischio e ottenere che le immagini vengano bloccate. La procedura è semplice e strettamente confidenziale. Sulla pagina www.gpdp.it/temi/revengeporn, le potenziali vittime di pornografia non consensuale troveranno un form da potere compilare per fornire all’Autorità le informazioni utili a valutare il caso. Il Garante, raccolti gli elementi necessari, indicherà alla persona interessata il link per caricare direttamente le immagini di cui essa teme la diffusione proprio al fine di interdirne la diffusione. Una volta caricate, le immagini verranno cifrate da Facebook tramite un codice, cosiddetto „hash”, in modo da diventare irriconoscibili prima di essere distrutte e, attraverso una tecnologia di comparazione, bloccate da possibili tentativi di una loro pubblicazione sulle due piattaforme. Lo strumento potrà certamente offrire alle donne un ulteriore ausilio per la tutela dei propri inviolabili diritti rispetto a un potenziale, gravissimo, danno che potrebbero subire. Resta, tuttavia, imprescindibile la prevenzione, ovvero che si affermi, specie tra le più giovani generazioni, una vera cultura della privacy intesa come consapevolezza di quanto siano preziosi i nostri dati personali, specie quelli sensibilissimi come la vita sessuale (Sfida al Revenge porn dal Garante Privacy: Intervento di Ginevra Cerrina Feroni, Vice Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Il Messaggero, 6 marzo 2021).

b. Il caso: Tra i casi balzati alla cronaca e che ha posto il problema della diffusione illecita di materiale pornografico e del diritto all’oblio e che si è concluso tragicamente è quello di Tiziana Cantone. La sua vicenda ha dato corso a una campagna di sensibilizzazione e ha portato all’approvazione della legge per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo.

Nonostante il notevole corpus normativo contro la violenza di genere e in particolare a tutela delle donne vittime di violenza, la lunghezza dei tempi necessari non sempre ha assicurato una tutela adeguata e tempestive alle vittime. Più volte infatti, è dovuta intervenire la Corte EDU che ha condannato l’Italia per violazione della Convenzione con sentenza del 7.7.2022. In particolare per violazione dell’art. 3 (divieto di trattamenti disumani e degradanti ) in ragione della incapacità delle autorità italiane di proteggere una donna da ripetute minacce e violenze inflittele dal marito. Nella fattispecie, la ricorrente vittima di violenza domestica, a partire del 2004, sporgeva più volte denuncia nei confronti del marito. Nel 2007 era stata aggredita con un coltello durante un incontro alla presenza dell’avvocato per discutere di separazione e costui la mancava colpendo l’avvocato. Veniva condannato per lesioni nei confronti dell’avvocato e maltrattamenti nei confronti della ricorrente. Tuttavia, nel 2014, il reato veniva dichiarato estinto per decorso del termine di prescrizione. Tra il 2007 e il 2013, la donna presentava varie denunce per aggressione nei confronti del marito che la perseguitava. Nel 2008 veniva arrestato. Quasi tutti i procedimenti però, venivano dichiarati prescritti. La ricorrente adiva la CEDU per violazione del diritto alla vita, trattamenti inumani e violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e lamentava la mancanza di protezione da parte dello Stato Italiano perché non avevano i Tribunali agito con tempestività e diligenza. In definitiva, nonostante l’adeguatezza della legislazione la inefficienza del sistema aveva vanificato ogni forma di tutela. La Corte ha dunque invitato lo Stato a ripensare al sistema di prescrizione per questi reati.

Per sopperire alle lacune evidenziate e per rafforzare la tutela della vittima, e’ stata infine pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 168/2023 contenente disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, entrata in vigore dal 9 dicembre 2023. La predetta normativa tra l’altro, mira al Rafforzamento delle misure in tema di ammonimento e di informazione alle vittime (art. 1), apporta modifiche al codice penale e di procedura penale anche per favorire la specializzazione nella trattazione dei processi, in materia di violenza contro le donne e di violenza domestica (art. 5) nonché alle altre leggi speciali, aumenta le pene, introduce particolari forme di tutela per le vittime di violenza domestica, prevede iniziative formative in materia di contrasto alla violenza sulle donne e domestica, introduce un metodo di rilevazione sui termini, introduce altresì disposizioni in materia di allontanamento di urgenza dalla casa coniugale, rafforza le misure cautelari (compreso l’uso del braccialetto elettronico) e prevende anche possibilità di percorsi di recupero degli autori dei reati presso associazioni o enti riconosciuti.

  • Se mi lasci libera mi hai già insegnato come restare (E. Dickson).
  • Per tutte le violenze consumate su di lei, per tutte le umiliazioni che ha subito per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la liberta che le avete negato, per la bocca che la avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi signori davanti a una donna (W. Shakespeare).
  • Ogniqualvolta l’uomo prende dal corpo di una donna senza il suo permesso manca di rispetto all’utero da cui è nato, contamina il luogo che l’ha protetto quando era più indifeso, profana il tempio da cui ha iniziati il viaggio (Nikita Gill, poetessa).
  • La violenza verbale è la prima tappa della violenza generale contro le donne (Isabel Alonso, docente di Storia attivista diritti umani).
  • Chiamare la donna il sesso debole è una calunnia; è un’ingiustizia dell’uomo nei confronti della donna. Se per forza s’intende la forza bruta, allora sì, la donna è meno brutale dell’uomo. Se per forza s’intende la forza morale, allora la donna è infinitamente superiore all’uomo. Non ha maggiore intuizione, maggiore abnegazione, maggior forza di sopportazione, maggior coraggio? Senza di lei l’uomo non potrebbe essere. Se la non violenza è la legge della nostra esistenza, il futuro è con la donna. Chi può fare appello al cuore più efficacemente della donna?” (Mahatma Gandhi, politico, filosofo e avvocato indiano).
  • Chi è violento con le parole è già un assassino: le parole sono le prime armi sempre a disposizione per ferire e negare la vita di un altro (Enzo Bianchi, monaco cristiano e saggista Italiano).
  • Siamo state amate e odiate, adorate e rinnegate, baciate e uccise, solo perché donne (Alda Merini, poetessa, aforista e scrittrice italiana).
  • La violenza sulle donne è antica come il mondo, ma oggi avremmo voluto sperare che una società avanzata, civile e democratica non nutrisse le cronache di abusi, omicidi e stupri (Helga Schneider, scrittrice tedesca naturalizzata italiana).
  • La violenza contro le donne è una delle più vergognose violazioni dei diritti umani (Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni Unite).
  • La violenza distrugge ciò che vuole difendere: la dignità, la libertà, e la vita delle persone (Giovanni Paolo II, papa).
  • Non sono un uccello; e non c’è rete che possa intrappolarmi: sono una creatura umana libera, con una libera volontà (Nicole Kidman, attrice).
  • Fate attenzione anche a quegli uomini che vi vorrebbero come dicono loro, che dopo qualche tempo provano a cambiarvi, a manovrarvi. Attenzione alla violenza che non fa rumore e non lascia lividi, ma fa comunque a pezzi. Attenzione, perché chi vi ama non vi fa sentire inadeguate, come se non foste mai abbastanza. Non cercate di salvare chi non sa amare. Salvate voi stesse, piuttosto (Charlotte Brontë, scrittrice inglese).
  • C’è un momento che devi decidere: o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da sé. Lo credo di aver già scelto. Mi sono salvata da sola (Marilyn Monroe, attrice statunitense).

  1. Questa breve relazione è stata redatta per comodità espositiva in occasione dell’incontro con gli studenti del Liceo Scientifico Filippo Brunelleschi di Afragola (Napoli) con argomenti tratti da riviste giuridiche on line (Diritto.it, Altalex) attraverso la consultazione delle fonti normative italiane e sovranazionali, della giurisprudenza, delle attività del Garante per la Protezione dei Dati Personali, delle statistiche elaborate dal Ministero dell’Interno e l’esame di alcuni casi riportati dalla cronaca. ↩︎

Suggested citation: Margherita Morelli, 25 Novembre 2024 – Giornata Internazionale per la eliminazione della violenza contro le donne, in: LAIKOS Journal Online 2 (2024) Issue 4, pp. 145-153.


In Deutschland wird aktuell auf das Problem geschlechtsspezifischer und häuslicher Gewalt – insbesondere gegen Frauen – reagiert. Nach dem Ende der Ampel-Koalition haben die Fraktionen von SPD und Grünen einen eigenen Entwurf des „Gesetzes für ein verlässliches Hilfesystem bei geschlechtsspezifischer und häuslicher und häuslicher Gewalt“ vorgelegt (BT-Drs. 20/14025, als Gesetzentwurf der Bundesregierung: BT-Drs. 20/14342). Die Länder – mit finanzieller Unterstützung durch den Bund – werden verpflichtet, ein bedarfsgerechtes Angebot mit einem kostenfreien und niedrigschwelligen Zugang zu Schutz- und Beratungseinrichtungen für gewaltbetroffene Personen sicherzustellen sowie Maßnahmen zur Prävention von geschlechtsspezifischer und häuslicher Gewalt zu ergreifen. Am 20.12.2024 hat sich der Bundesrat mit dem Gesetzentwurf befasst (Stellungnahme: BR-Drs. 289/24(B), Permalink zum Gesetzgebungsvorgang).

Über die Autoren

  • Avvocato e giudice di pace; Referente del Centro Studi dell’Associazione Nazionale Giudici di Pace (ANGDP); Presidente ENALJ 2017 to 2022; dal 2022 Vicepresidente ENALJ per la formazione e l’educazione

    Alle Beiträge ansehen

Copyright © 2025 laikos.eu